22 luglio, 2023

Il 31 rapporto Istat: opportunità, sfide e incertezze

L’immagine riporta il logo dell’Istat e la scritta:”Rapporto Istat 2023 sulla situazione del paese”A cura di Angelo Irano 

Il 31° Rapporto annuale dell'Istat fornisce un'analisi ampia e dettagliata della situazione italiana, in un contesto contrassegnato da opportunità significative, come il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), ma anche da nuove sfide e incertezze.

Il Rapporto di quest'anno adotta una visione a medio-lungo termine, mettendo in luce le trasformazioni demografiche, sociali, economiche e ambientali che hanno influenzato l'Italia negli ultimi anni. Comprendere le interrelazioni tra questi aspetti è fondamentale per affrontare le sfide del presente e avviare uno sviluppo equilibrato, sostenibile e inclusivo.

L'Istat ha documentato l'impatto della crisi sanitaria sull'economia e sulla società, con un aumento delle disuguaglianze di reddito e opportunità, legate anche alle differenze territoriali in termini di infrastrutture e accesso ai servizi di qualità. Negli ultimi due anni, l'aggravarsi delle crisi internazionali ha portato a un aumento dell'inflazione, creando nuove forme di povertà e aumentando la necessità di servizi sociali.

Il Rapporto 2023 mira a identificare i fattori chiave per pianificare il futuro, focalizzandosi sui giovani e sui settori più dinamici del sistema produttivo e della società civile, essenziali per avviare un periodo di cambiamento.

Rispondere a una richiesta informativa sempre più complessa è una priorità per l'Istat. Il Rapporto si basa su dati statistici di alta qualità, ottenuti da diverse fonti informative, tra cui sondaggi diretti, archivi amministrativi e nuove fonti digitali. Esso rappresenta solo la punta dell'iceberg di un sistema complesso di produzione statistica, che include anche funzioni di supporto tecnico e amministrativo, indispensabili per il corretto funzionamento dell'Istat.

Il quadro macroeconomico


Nel 2022, nonostante la fine dello stato di emergenza sanitaria, l'Italia ha affrontato nuove sfide, come l'aumento dei prezzi dell'energia e delle materie prime, che hanno influenzato l'economia e causato aumenti dei costi di produzione e dei prezzi al consumo. Anche se l'inflazione si è attenuata nei primi mesi del 2023, è rimasta sostenuta, con i prezzi alla produzione in calo del 4,3% su base annua a maggio 2023 e i prezemi dei beni al consumo in aumento del 6,4% a giugno 2023.

Nonostante le sfide, l'economia italiana ha mostrato segni positivi nel 2022, con una crescita del PIL dell'3,7%, superiore a quella della Francia e della Germania. La crescita è stata sostenuta dalla spesa delle famiglie e dagli investimenti, nonostante un contributo negativo dalla domanda esterna a causa della crisi energetica. I settori più dinamici sono stati le costruzioni e il settore dei servizi, mentre l'industria e l'agricoltura hanno mostrato rispettivamente una crescita stazionaria e una flessione.

La situazione del mercato del lavoro è migliorata, con un aumento del numero di occupati e una diminuzione dei disoccupati. A maggio 2023, il tasso di occupazione era del 61,2%, superiore alla media del 2008, e il tasso di disoccupazione era del 7,6%.

Le previsioni dell'Istat prevedono un rallentamento della crescita del PIL per il 2023 (+1,2%) e il 2024 (+1,1%), sostenuto principalmente dalla domanda interna e in misura minore dalla domanda estera. Gli investimenti dovrebbero aumentare del 3,0% nel 2023, anche se a un ritmo inferiore rispetto ai due anni precedenti, per poi rallentare ulteriormente nel 2024 (+2,0%).

Il quadro demografico e i suoi effetti di lungo periodo sulla capacità di crescita del Paese


Le tendenze demografiche in Italia fino al 2023, evidenziano come la diminuzione dei residenti, iniziata nel 2014, prosegua principalmente a causa di una dinamica naturale negativa (più morti che nati), solo parzialmente compensata dai flussi migratori.

A fine 2022, la popolazione italiana era di 58,851 milioni, con 179 mila abitanti in meno rispetto all'inizio dell'anno. I cittadini stranieri sono circa 5 milioni, il 51% donne, rappresentando l'8,6% dei residenti. Il 2022 ha registrato il minimo storico di nascite (393 mila) e un alto numero di morti (713 mila).

L'età media al parto per le donne residenti in Italia è di 32,4 anni. La fecondità è rimasta sotto i livelli pre-pandemici (1,24 figli per donna nel 2022 rispetto a 1,27 nel 2019). Questa persistente bassa fecondità è parte di un'evoluzione demografica che ha eroso il numero potenziale di genitori.

Nonostante l'alto numero di decessi degli ultimi tre anni, l'età media della popolazione è salita da 45,7 anni nel 2020 a 46,4 nel 2023. Il rapporto evidenzia l'aumento della popolazione anziana (24,1% del totale), con 4,5 milioni di over-80, e il declino delle fasce di età attive e giovani.

Il quadro demografico si fa più complesso se considerato regionalmente. Le aree interne soffrono di un marcato declino demografico e invecchiamento della popolazione, esacerbati da un'emigrazione significativa.

L'aumento della longevità pone sfide alla sostenibilità del sistema del paese, con l'aspettativa di vita alla nascita a 80,5 anni per gli uomini e 84,8 anni per le donne. Le proiezioni indicano un aumento significativo dei "grandi anziani". Nel 2041, la popolazione ultra-ottantenne supererà i 6 milioni.

Inoltre, va sottolineata l'importanza dei cambiamenti demografici sulla potenziale crescita economica. L'analisi rivela come l'invecchiamento della popolazione stia depotenziando la crescita del PIL pro capite, un effetto che potrebbe essere amplificato da una limitata partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto da parte dei giovani e delle donne.

L'aumento degli anziani è un cambiamento senza precedenti per l'Italia. Il rapporto suggerisce di agire sul piano qualitativo per migliorare il benessere degli anziani, permettendo loro di vivere anni in buona salute e con un'adeguata vita sociale.


I giovani come motore del processo di cambiamento e rinnovamento del Paese

Il ruolo dei giovani è fondamentale per lo sviluppo sostenibile e inclusivo dell'Italia, per il benessere economico e per l'equilibrio del sistema del welfare, come riconosciuto dal programma Next Generation EU. Tuttavia, il paese sta affrontando una diminuzione del numero di giovani disponibili e una tendenza alla dissipazione delle loro competenze ed energie.

Nel 2022, quasi la metà dei giovani italiani (47,7% dei 18-34enni) mostra segni di deprivazione in settori cruciali del benessere, con il 15,5% dei 18-34enni che mostrano segni di multi-deprivazione in almeno 2 settori. Il livello di deprivazione è più alto nella fascia d'età 25-34 anni, che affronta tappe cruciali come l'ingresso nel mercato del lavoro e l'indipendenza dalla famiglia. Questi problemi sono spesso esacerbati dalla precarietà lavorativa e dalla scarsa mobilità sociale.

Inoltre, l'Italia ha uno dei tassi più alti di trasmissione intergenerazionale della povertà in Europa. Il rapporto Istat 2023 indica che quasi un terzo degli adulti (25-49 anni) a rischio di povertà proveniva da famiglie in condizioni finanziarie critiche quando avevano 14 anni.

Il rapporto analizza inoltre la spesa pubblica italiana per l'istruzione e la protezione sociale. Il paese spende meno per l'istruzione rispetto alle altre grandi economie europee (4,1% del PIL contro il 5,2% in Francia, il 4,6% in Spagna e il 4,5% in Germania), e meno per la protezione sociale dei più giovani rispetto agli adulti e agli anziani.

Il PNRR prevede interventi per ridurre il divario generazionale, migliorare l'occupazione giovanile e la qualità dell'istruzione. Nel 2021, la copertura dei posti per la prima infanzia in Italia era solo del 28%, ben al di sotto del target europeo del 2030 del 50%.

L'edilizia scolastica risulta inadeguata, con meno del 40% degli edifici scolastici che rispettano i requisiti di sicurezza, e una scarsa accessibilità per gli studenti disabili, in particolare nel Sud.

Infine, le imprese guidate da giovani rappresentano l'11,7% del totale dell'industria e dei servizi, operando principalmente nei settori sanitario, artistico, dello sport, dell'intrattenimento e della ristorazione. La maggior parte di queste imprese si trova al Nord, ma l'incidenza è più alta nel Mezzogiorno.


Calo demografico, istruzione e mercato del lavoro

Il rapporto dell’Istat analizza il calo demografico in Italia, i suoi effetti sull'istruzione e il mercato del lavoro, e l'influenza dell'istruzione sulla partecipazione femminile al mercato del lavoro.

Tra il 2021 e il 2050, la popolazione italiana si ridurrà di quasi 5 milioni. Le regioni del Mezzogiorno saranno particolarmente colpite. Il calo sarà più marcato tra i giovani (fino a 24 anni) e la fascia lavorativa (25-64 anni).

Questo avrà effetti importanti sul sistema educativo, con la previsione di riduzioni significative delle popolazioni in età scolare e universitaria entro il 2041. Parallelamente, l'invecchiamento della forza lavoro continua, accelerato dal ritardo nell'età pensionabile.

Si evidenzia le disparità di occupazione tra generazioni e regioni. Dal 2004, il tasso di occupazione tra i 15 e i 34 anni si è ridotto, mentre è aumentato per i 50-64enni. L'occupazione è cresciuta nel Centro-Nord, mentre è diminuita nel Mezzogiorno.

Tuttavia, l'occupazione femminile è aumentata, in gran parte grazie alla maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro, all'innalzamento dell'età pensionabile e ai cambiamenti culturali. Il livello di istruzione delle donne ha anche un ruolo significativo nell'occupazione: le laureate hanno tassi di occupazione molto più alti rispetto a quelle con un titolo di istruzione inferiore. Nonostante i progressi, l'Italia rimane uno dei paesi europei con la più bassa componente femminile tra gli occupati.

Occorre sottolineare che la mancata partecipazione al lavoro da parte di giovani e donne peggiora l'effetto del calo demografico sulla forza lavoro. L'istruzione si presenta come una soluzione chiave per aumentare la partecipazione al mercato del lavoro e ridurre le disparità di genere nell'occupazione.

Nel corso dell'anno accademico 2021/22, la percentuale di 19enni iscritti all'università in Italia è aumentata del 10% rispetto al 2011/12, raggiungendo il 56%. Le donne rappresentano una quota stabile del 55% di questi studenti. Circa il 30% degli iscritti si iscrive a corsi di orientamento scientifico-tecnologico (discipline STEM).

Il tasso di laureati in Italia nel 2020 rispetto alla popolazione di età 20-29 anni è quasi in linea con la media europea. Per le lauree di primo livello, il tasso è di 31,3 per mille (rispetto a 34,3 per mille per l'UE27), con un aumento di 7 punti rispetto al 2013. Per le lauree magistrali, il tasso è di 21,1 per mille in Italia e di 22,1 per mille nell'UE27. Infine, i laureati in discipline STEM rappresentano il 16,5 per mille nel 2020, 1,9 punti sotto la media UE27.

Nel 2021, l'Italia ha registrato un tasso di "fuga di cervelli", ovvero il tasso di espatrio dei laureati di età compresa tra 25 e 34 anni, del 9,5 per mille per gli uomini e del 6,7 per mille per le donne. I dati migratori medi del periodo 2019-2021 indicano una perdita di risorse qualificate in tutte le province italiane, con tassi superiori alla media nazionale (-5,7 per mille) nel Nord (in particolare Aosta, Trieste, Gorizia, Udine, Verbania, Asti e Sondrio, zone in cui gioca un ruolo fondamentale anche la posizione geografica di confine) e nelle Isole (Palermo, Enna e Oristano). Le aree metropolitane di Bologna, Firenze e Roma registrano tassi migratori inferiori alla media (-3 per mille).

La migrazione dei giovani laureati tra le province italiane mostra un trend spaziale chiaro: le province del Centro-Nord guadagnano capitale umano a discapito del Sud, dove la perdita di capitale umano dovuta alla mobilità interna è netta e persistente.

Infine, la prospettiva demografica a medio e lungo termine indica una scarsa disponibilità di risorse umane nella fascia più giovane della popolazione. Questo acuisce i problemi esistenti di sottoutilizzo del capitale umano, in particolare l'emigrazione dei giovani laureati e la presenza di Neet (giovani che non studiano e non lavorano). L'incremento delle competenze e delle conoscenze dei giovani sarà quindi essenziale per invertire questa tendenza e consentire all'Italia di affrontare le sfide poste dalla transizione ecologica e digitale, e di promuovere l'innovazione nella Pubblica Amministrazione e nelle piccole e medie imprese.

Criticità ambientali e transizione ecologica

Il rapporto Istat esamina le crescenti preoccupazioni legate ai cambiamenti climatici e all'ambiente in Italia, indicando la necessità di una transizione ecologica. Oltre il 70% della popolazione considera il cambiamento climatico una preoccupazione principale, con una particolare consapevolezza tra i giovani. Gli eventi meteorologici estremi e i rischi connessi stanno aumentando, mettendo a rischio il 2,2% della popolazione a causa delle frane e l'11,5% a causa delle alluvioni.

L'acqua, una risorsa essenziale non rinnovabile, sta diventando sempre più scarsa, con una riduzione del 20% nella disponibilità media annuale della risorsa idrica nel periodo 1991-2020. Questa situazione è aggravata da un'infrastruttura idrica carente, con il 42,2% dell'acqua immessa nelle reti di distribuzione dell'acqua potabile che non arriva agli utenti finali.

La scarsità d'acqua ha avuto ripercussioni significative sulla produzione agricola, causando una riduzione della produzione, del valore aggiunto e dell'occupazione nel settore. Questo si è ripercosso anche sui conti economici nazionali.

Per un futuro sostenibile, è necessario passare a un modello di economia circolare, riducendo lo sfruttamento di risorse per unità di output. Si nota una tendenza positiva in termini di emissioni di gas serra, che in Europa sono diminuite del 24% rispetto al 1990, con l'Italia che contribuisce in modo significativo a tale riduzione.

La mobilità, tuttavia, rimane una sfida, con un terzo delle famiglie italiane insoddisfatte dei trasporti pubblici, portando a un elevato utilizzo dei veicoli privati. Nonostante il numero di autovetture continui ad aumentare, la composizione del parco veicolare sta migliorando in termini di emissioni.

L'esposizione a lungo termine al particolato PM2,5 è diminuita del 39,5% tra il 2006 e il 2020 in Europa, ma l'Italia ha fatto progressi più lenti, raggiungendo un livello di 15 μg/m3 nel 2020.

In termini di gestione dei rifiuti, l'Italia ha raggiunto il 64% di raccolta differenziata nel 2021, ma il progresso è rallentato rispetto ai precedenti tre anni. La percentuale di rifiuti urbani conferiti in discarica continua a diminuire, arrivando al 19% nel 2021.

L'incremento delle aree verdi urbane (+22,2% negli ultimi 10 anni) è una soluzione positiva per migliorare la biodiversità e la sostenibilità degli ambienti urbani, contribuendo anche alla mitigazione dell'effetto "isola di calore". Tuttavia, le differenze nella disponibilità di aree verdi nelle varie regioni del paese sono notevoli.


Nel contesto delle fonti di energia rinnovabili, l'eolico ha visto un aumento dal 11,9% al 18%, mentre le bioenergie sono salite dal 13,1% al 16,4%. Tuttavia, l'idroelettrico e il geotermico hanno registrato una diminuzione, scendendo rispettivamente dal 55,2% al 39% e dal 6,8% al 5,1%. La quota di energia rinnovabile sul consumo totale di energia è cresciuta nel corso degli anni, raggiungendo il 21,8% nel 2021.

Il sistema italiano ha promosso questa crescita attraverso vari incentivi, erogando più di 61 miliardi di euro tra il 2016 e il 2021. Il più grande di questi incentivi è stato il Conto Energia, destinato agli impianti fotovoltaici, che ha distribuito 5,9 miliardi nel 2021. Le aziende private, principalmente localizzate in Lombardia, Trentino-Alto Adige, Lazio ed Emilia-Romagna, ne sono state i principali beneficiari.

Inoltre, si sottolinea la necessità di ulteriori investimenti per potenziare la transizione verso l'energia sostenibile e di una maggiore attenzione alla distribuzione equa dei costi e dei benefici tra le diverse fasce della popolazione. Questo è indicato come "Just Transition", una transizione equa.

Il problema della povertà energetica è al centro delle strategie della Commissione europea. In Italia, nel 2022, il 17,6% delle famiglie a rischio di povertà non poteva riscaldare adeguatamente le proprie case, e il 10,1% aveva arretrati nelle bollette. Per affrontare il problema, sono stati introdotti bonus sociali, che hanno avuto un impatto significativo, riducendo la percentuale di famiglie in povertà energetica dal 27,1% al 25,1%.

Infine, il report evidenzia le differenze regionali nell'adozione di politiche ambientali. Ad esempio, le procedure di acquisti pubblici verdi sono più comuni nel nord dell'Italia, mentre la rendicontazione sociale o ambientale è più diffusa nel sud. Le amministrazioni locali riscontrano tuttavia delle difficoltà nell'implementazione di tali politiche, soprattutto a causa della mancanza di personale formato.


L’evoluzione del sistemar produttivo tra resilienza e innovazione

Nel contesto di continue crisi sanitarie, economiche, politiche e ambientali, il sistema produttivo italiano ha mostrato una notevole resilienza. Nel biennio 2021-2022, l'economia italiana ha registrato una performance positiva, grazie al contributo significativo delle industrie e dei servizi. Tuttavia, le strutture aziendali persistenti hanno limitato la crescita in termini di valore aggiunto, produttività e investimenti.

L'Italia è distintiva per la sua forte inclinazione manifatturiera, con oltre un terzo del valore aggiunto dell'industria e dei servizi di mercato prodotto in questo settore. Le imprese italiane, in particolare le piccole e medie, mostrano una propensione superiore all'esportazione rispetto ad altri partner europei. Tuttavia, la struttura produttiva italiana è frammentata, con un'efficienza inferiore alla media UE nelle micro-imprese.

Nel confronto con le principali economie europee, l'Italia ha mostrato scarsa dinamicità nella produttività del lavoro e una debole tendenza all'innovazione. Dal 2013 al 2018, si è registrato un miglioramento della redditività delle vendite e un incremento degli investimenti fissi, seguito però da un rallentamento.

L'Italia investe meno in progetti ad alto contenuto di conoscenza, come la Ricerca & Sviluppo, rispetto alle altre economie UE. Contemporaneamente, c'è stata una diminuzione degli investimenti in macchinari e impianti, incluso l'ICT, nel periodo 2011-2020.

L'imprenditorialità femminile può svolgere un ruolo significativo nello sviluppo economico, ma presenta alcune peculiarità. Le imprese a conduzione femminile sono prevalentemente individuale, meno efficienti e maggiormente presenti nel settore dei servizi rispetto a quelle maschili. Solo il 15% delle imprese esportatrici è a conduzione femminile e rappresenta l'8,1% del valore dell'export.

Grazie alle sue caratteristiche tecnologiche e produttive, l'Italia ha una bassa intensità energetica che ha mitigato l'impatto dell'aumento dei prezzi energetici. I settori più energivori sono i trasporti, il manifatturiero e la fornitura d'acqua.

Le imprese italiane con elevata partecipazione alle catene globali del valore hanno mostrato una migliore performance in termini di produttività. Tuttavia, l'innovazione ha subito una riduzione nel 2020 a causa dell'emergenza sanitaria, nonostante le imprese innovative abbiano continuato a investire in R&S.

Le imprese innovative mostrano migliori performance economiche rispetto a quelle non innovative. Queste ultime sono anche più propense all'export, specialmente se attive nella R&S.

Infine, le risorse pubbliche destinate al settore privato per la ricerca e l'innovazione sono aumentate dal 2015 al 2019, con un calo nel 2020. Le imprese beneficiarie sono principalmente nel settore manifatturiero, tra le esportatrici e le multinazionali. La quota di microimprese beneficiarie e quella delle imprese del Mezzogiorno sono inferiori rispetto al nord, ma la parte di beneficio erogato alle imprese meridionali è aumentata tra il 2015 e il 2020.


Il rapporto riassume alcuni punti chiave riguardanti l'attuale situazione economica e sociale in Italia, basati su ricerche e dati dell'Istat.

  1. Incentivi fiscali per la Ricerca e Sviluppo (R&D): Questi incentivi hanno avuto un impatto positivo sulla crescita della produttività, in particolare per le imprese che si avvicinano per la prima volta all'innovazione. L'impatto è ancora maggiore per le imprese più distanti dalla frontiera tecnologica.

  2. Settore turistico: Post-pandemia, il turismo sta risorgendo in Italia. Istat ha identificato 22 "Brand Turistici" in Italia, i quali hanno visto un incremento del flusso turistico nel 2022 rispetto al 2021.

  3. Settore non-profit: Durante la crisi economica e sanitaria, il settore non-profit ha svolto un ruolo centrale nel rispondere ai bisogni sociali. La transizione digitale rappresenta un'opportunità di crescita per queste organizzazioni, molte delle quali hanno già iniziato a digitalizzarsi per migliorare i servizi agli utenti.

  4. Sostenibilità: La maggior parte delle imprese sta cercando di rendere i propri processi produttivi più sostenibili, in risposta alla pressione sui costi delle materie prime. Nel 2022, circa il 60% delle imprerese manifatturiere e la metà delle unità di servizi hanno adottato misure per la sostenibilità.

  5. Agricoltura: Il settore agricolo è in ritardo rispetto ad altri settori nell'adozione di strategie sostenibili. Solo il 4,5% delle imprese agricizzitane adottano pratiche innovative e biologiche, ma ci sono segnali di un cambiamento in corso.

  6. Resilienza: L'industria italiana ha mostrato una notevole resilienza ai shock esterni, riuscendo a riprendere i livelli di produzione pre-crisi e a riposizionarsi sui mercati internazionali.

  7. Diseguaglianze: Infine, il rapporto sottolinea l'importanza di affrontare le diseguaglianze, in particolare quelle che riguardano l'accesso alle opportunità, ai servizi, e le diseguaglianze di reddito e regionali. L'istituto fornisce dati e analisi per sostenere gli sforzi nel ridurre queste disuguaglianze.

Il rapporto ISTAT è uno strumento utile per la comprensione delle trasformazioni sociali ed economiche in Italia, fornendo dati e analisi utili per la formulazione di politiche, per individuare problemi e risolverli e per valorizzare le risorse del Paese.


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